12 Agosto: Buja
Ho in tasca circa 700 kune, dispensa e frigo vuoti, mi fermerò all’ultimo paese utile per sbolognare la valuta.
Dolci colline: Il cartello con le vigne e la tipica terra rossa. |
Percorro la dorsale interna e scopro che quest’Istria è bella tutta. Molti paesini arroccati sulle colline; bellissime vallate coltivate; numerosi punti panoramici attrezzati.
Mi fermo a Buja: paesotto sopra una collina e a vista mare. Faccio spesa al supermercatino. Due borse piene che fatico a portare, duecentotrenta kune (trenta euro), ho la sensazione di aver rapinato il negozio.
Ispezione al paesino ma, sensi di colpa, mi inducono a fare spesa in un negozietto che vende merce tipica. Parla in italiano stentato, e mi accorgo che il suo italiano in realtà è veneziano: Porc… adesso capisco. Mi avevano detto che il novanta per cento dei Croati parla italiano, in realtà manca il dieci perché parlano dialetto veneto. E lo scopro solo ora. Se avessi usato la mia lingua madre ci saremmo capiti meglio e magari: … sconti? …multe…?
Il negoziante mi propone ed io scelgo:
Vuto un po de prosiuto istrian? Vuto provarlo?
Si va ben, el xe bon, damene un eto
Vuto l’osocolo? Proalo!
Si l’è bon damene meso eto!
Formajo el te piase zovane o vecio? Tò proali tuti do!
Boni, ma me piase quelo zovane, damene un bel tocheto
Go anca e sardele, …..
Dopo un’ora di fitto chiacchiericcio sul mangiare, il bere, le bellezze e le usanze croate, mi avvio all’uscita, mi vedo allo specchio, mi guardo e mi scappa un: Ma va in mona!
Ho dormito a Buja, in Croazia, un’altra notte. Ganzo!
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