17 Agosto.
Gemona ha cancellato totalmente il terremoto del ’76, tranne ciò che ha voluto mostrare a perenne memoria. Chi ricorda il fatto e in qualche modo è stato coinvolto, penso possa sentirsi felice nel visitare questa cittadina, simbolo della tragedia.
Gemona ha cancellato totalmente il terremoto del ’76, tranne ciò che ha voluto mostrare a perenne memoria. Chi ricorda il fatto e in qualche modo è stato coinvolto, penso possa sentirsi felice nel visitare questa cittadina, simbolo della tragedia.
Gemona: foto dell'epoca del terremoto |
Consiglio innanzitutto il luogo del ricordo in via Bini, vicino al Duomo.
Sono stringenti le immagini, gli scritti e i filmati. Il raffronto del prima e del dopo terremoto.
Usciti dal piccolo museo diventa felicemente piacevole visitare i luoghi visti distrutti e perfettamente ricostruiti.
A quel tempo, con mio cognato e l’amico Riccardo, ero impegnato in edilizia. Eravamo una piccola azienda specializzata in ‘montaggio casserature edili’: la struttura per fare le cantine delle case. Un nostro cliente ci propose di venire in Friuli e offrire qualche giorno di lavoro per i terremotati. Accettammo volentieri; si aggregò anche mio suocero, esperto in quanto aveva speso una vita a costruire la propria di casa.
Arrivammo la sera di mercoledì. Ci accompagnarono in un modulo ove era adibita una camera con quattro letti, quelli con molle a spirale attaccati sul lato testa e piedi poggiati a terra, con la classica biancheria militare: lenzuola di lino pesante e coperta in lana grigioverde.
Giovedì e venerdì lavorammo con impegno e sabato, un paio d’ore di lavoro, saremmo potuti tornare a cas. Venne il responsabile del cantiere a chiederci di lasciare del lavoro perché stavano arrivando numerosi volontari.
Ci assegnarono venti persone, tutti giovani e moltissime ragazze. Riccardo 26 anni, mio cognato 26, io 27, mio suocero 49. Tutti estasiati.
Provammo a organizzarli e fu il caos. Ci dividemmo i compiti: cinque volontari a testa. A mezzogiorno eravamo allo stesso punto. A pranzo stendemmo un progetto organizzativo: due terranno la scala, una ‘ragazza’ ci salira, un’altro prende il materiale, l’ultimo lo passa a quello sulla scala.
Partenza… stop. Farro a U, cuneo, distanziatore, inserire ed infilare per noi è nulla, per loro…..
A sera, non sò ancora oggi come, il lavoro finì.
Come tutte le sere, ci trovammo in sala refettorio a consumare quanto i residenti ci preparavano e si finiva la serata in chiacchere e grappa. C’erano, come le altre sere a tirare tardi,il direttore della Cariplo e i quattro impiegati, l’Avvocato, il Notaio, il nostro cliente con i suoi geometri.
I bottiglioni di grappa quella sera si ripeterono e, piuttosto tardi, rientrammo al nostro modulo.
Mio suocero molto provato, non dalla fatica ma dalla grappa, si lanciò sul letto distrutto. Fu un attimo, sentii un botto, mi girai e vidi mio suocero a faccia in giù sul pavimento, sopra, a sandwich, coperta, lenzuola materasso e rete che ballava ancora sopra di lui. Capottamento perfetto. Tre a ridere come pazzi e lui che gridava: Véh in mona, jutéme.
Il dramma di quella sera fu che, a brevi intervalli, qualcuno scoppiava a ridere, gli altri lo seguivano e mio suocero che ripeteva: Ndé in mona!
Lentamente le risate si diradarono e alla fine ci addormentammo. Senza scosse.
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