Ho
finalmente scoperto la “Lava”: E’ durissima. Sembra tufo nero, ammucchiata,
contorta, perforata, spaccata, frantumata ma tremendamente dura.
Ho fatto una
passeggiata sopra ad una immensa colata per raggiungere un cono vulcanico, uno
dei tantissimi che circondano tutta la montagna, per scoprire come sia fatto un
cratere.
Dotato dei
miei due fidati bastoni ho arrancato in modo molto precario su quella non
superficie appuntita e tagliente: perdere l’equilibrio e cadere qui significa “lacerazioni
certe e diffuse”: che sia tratti di tessuto
o di carne.
C’è un
paesaggio incredibile: la massa enorme del vulcano sovrasta un alternarsi di
boschi di betulle panna e rosa, lava nera, candida neve e un cielo
splendidamente blu in una giornata di assoluto sereno.
Arrivo alla
salita per il cratere che si presenta come un’enorme cumulo perfettamente
conico, le pendici sono di sabbia e pietrisco, salgo a fatica, il piede affonda
e scivola e la pendenza sembra aumentare. All’arrivo scopro che tutt’intorno c’è
un bellissimo sentiero che gira attorno al cono e che, nel versante a monte,
scende dolcemente e si immette in un facile sentiero che si perde nel bosco di
betulle: “beh, così sono capaci tutti!”
La voragine del cratere è di un centinaio di
metri di diametro, ovviamente chiuso, ma in centro vedo qualcosa di stranamente
irregolare e l’ho trovato: il famoso buchino, dove l’ultimo conato lavico ha
avuto termine, un piccolo foro apparentemente senza fondo di circa un metro.
Non so perché mi pare di aver scoperto chissà cosa, ma mi dà la sensazione di
poter guardare all’interno di ‘Madre Terra’.
30 dicembre
Linguaglossa e Randazzo (Etna)
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