Come vi avevo anticipato, presto vi inviterò ad un pranzo, ho finalmente trovato un posto adatto. Si trova a Gropello, una frazione di Gavirate, ed è una vecchia fattoria di tipo lombardo. È stata riattata ma non particolarmente ristrutturata. C’è il cortile interno con i tavoli , che la sera fà molto del film “Il profumo di mosto selvatico”. L’ala nord, quella con le stalle aperte, è stata trasformata in museo con numerosi attrezzi dei mestieri di un tempo; intorno la zona cucine ricavata dalla abitazione padronale ed il resto é tutto sale da pranzo a diverso tema. C’ è la sala del Cavaliere, quella del Custode, quella da Giorno, la sala del Toro ove c’è un palco che era il posto del Toro, ed il resto del locale, ribassato dove c’erano le Manze, insomma una specie di Harem contadino, e poi la sala delle Vacche.
E’ questa sala che sarebbe ‘Stalla delle vacche’, che mi ha acceso ricordi di infanzia.
La casa ove noi si viveva in una dozzina, era su due piani: al piano superiore due camere ed un localino che in primavera serviva ad allevare in bachi da seta e da deposito provvisorio e d’inverno serviva ad allargare l’area dormitorio. Al piano terra il locale pranzo, una stanza ospiti e/o cantina salumi, e la stalla delle vacche. Questa stalla era parte integrante della zona abitata, Si entrava tutti dalla porta, un corridoio, a destra il locale pranzo, diritto la stalla.
Durante l’inverno questo locale era il più abitato.
( Non c’era televisione, la radio era arrivata intorno al 1957 quando uno dei fratelli maggiori, emigrato in Svizzera ce la comprò e fu piazzata in sala da pranzo. Portarla in stalla la sera non era possibile, si trattava di un grosso attrezzo a valvole: comunque in stalla non c’era la spina, le prolunghe non erano ancora state inventate e se avessimo messo la prolunga le porte magari dovevano restare aperte raffreddando la stalla (non è vero, dalle fessure sotto le porte passavano i gatti)).
Questo Punto di ritrovo e convivio era l’unico locale della casa riscaldato (dal respirare degli animali): c’era la Bianchina, che era una pezzata tipo piemontese, poi la Moretta (indovinate il colore) e la terza di cui non ricordo il nome, un po’ precaria in salute, ma ci eravamo affezionati ed anche se rendeva poco restava con noi. Poi c’eravamo noi, nostra madre, (il padre era sempre dall’Oste) una metà di noi figli, quattro o cinque e qualche ospite, di solite una zia e un vicino, tutti in quattro metri per quattro. E’ in quella stalla che passavamo tutte le sere invernali, ricordo tanti rosari e chiacchere varie, mia madre che se non sgranava rosari riparava calzini e pantaloni e, a volte, trovava anche il tempo per sferruzzare. La zia che si lamentava sempre della suocera che poi era nostra nonna, ed il vicino che raccontava sempre di malattie e di morti (il paese contava 800 abitanti, ma sembravano tutti morenti): ma noi bambini eravamo sempre felici, a volte andavamo nella stalla della nonna che era bravissima a raccontare favole e passavamo ore, ma lì la stalla era più grande e c’erano solo due vacche, insomma faceva più freddo.
E’ vivendo nelle stalle che apprendevamo i primi rudimenti della vita, ricordo che una volta, io e uno dei miei fratelli, uscendo dal locale pranzo, fummo incaricati di attaccarci ad una corda e tirare, non vedevamo cosa ci fosse dall’altra parte, ma a sera, con noi nella stalla, trovammo un vitellino.
Durante queste serate di convivio con le mucche, spesso avvenivano gli scrosci di pipì (ne fanno circa tre litri per volta) e la caduta, per me piccolo, faceva pensare alle famose cascate di cui mi avevano parlato all’asilo. A volte facevano anche il resto che aveva una consistenza abbastanza morbida, e la quantità era proporzionata alla mole; purtroppo (specialmente quella gracile di salute che era spesso irritata) a volte non la facevano sempre nel posto giusto, a volte cadeva sul liquido in movimento e gli spruzzi ci investivano in forma cocktail. Credo sia stato quel buontempone di mio padre a dire all’Oste di chiamare così quel nuovo intruglio che prima non si usava, un misto di vino bianco e un amaro nuovo di zecca a base di carciofi: Sprizzo poi Sprizz.
Vi racconterò delle altre strane abitudini dei tempi durante il pranzo in fattoria, così potrete immedesimarvi meglio.
Ciao, vi voglio bene.
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