martedì 18 marzo 2014

Il cibo a Palermo (parte terza)


Palermo, Palazzina cinese

La cancellata a sonagli

Un enigma della Sicilia che ,mi ha incuriosito, è la presenza massiccia di materassi nei luoghi più o meno deputati alla raccolta rifiuti.

A Terrasini (poco più di diecimila abitanti)ricordo di averne contati ventotto, tutti matrimoniali. Vidi ripulire l’area completamente e dopo quattro giorni ve ne erano altri 12.

Ricordo che mia moglie ed io cambiammo una sola volta i nostri materassi. Fu che, quando ci sposammo,  su consiglio di mia suocera (le suocere consigliano sempre a figlie e nuore  di fare i loro stessi errori), prendemmo i materassi in pura lana. All’ennesima manutenzione e rifacimento e preso atto che si dormiva sempre in buca, li  cambiammo: quelli buoni, moderni, con le molle. Un cambio solo in un ‘lungo’ periodo di matrimonio.
Un dì capii l’arcano di questi frequenti cambi di giaciglio, durante la visita alla ‘Palazzina cinese’ di Palermo.

Il buco del soffitto

E’ una palazzina che prova come i ricchi, a volte, non sappiano come sprecare il danaro. L’allora re Borbonico volle adeguare e ristrutturare la palazzina, che troneggia il grande parco della Favorita (allora riserva di caccia reale), in stile cinese. Già la cancellata esibisce, al posto delle punte a lancia, dei campanellini strani che suonano al soffiare del vento;  Il tetto è a pagoda; ci sono delle scale a chiocciola esterne che elevano ai terrazzini (a cui si accede dalle scale interne); dipinti in trompe l’oeuil fanno apparire profonde le pareti liscie; il soffitto di una stanza sembra squarciato e pare si veda il cielo; motivi alle pareti che sembrano pizzi di Cantù; sale con dipinti che ricostruiscono ambienti Pompeiani; ecc.
Poi la sala da pranzo, luogo della mia scoperta socio/cultural/gastronomico/morfeiana: Il tavolo è dotato di alcune  piccole corde colorate appese ai lati e sul piano ci sono dei fori a scomparsa: il re tirava una cordina colorata che corrispondeva ad una pietanza e questa risaliva dalle cucine direttamente sul tavolo del Re.
Ecco! Il cibo! In quel momento ricordai i letti di numerosi palazzi visitati, che erano sempre dotati di numerosi grandi cuscini. Mi venne spiegato che, a causa delle grandi feste che spesso venivano organizzate in quei luoghi e che finivano sempre con eccessi di cibo, il dormire distesi diventava problematico. La soluzione normalmente adottata era quella di dormire praticamente seduti usando appunto quei cuscini.
Ecco la soluzione dell’enigma: I siciliani, tutti, oggi possono cibarsi a sazietà e lo fanno, sempre e non solo la sera prima di coricarsi. La conseguenza è, ovviamente, una certa difficoltà di digestione e la colpa, evidentemente, viene data ai materassi.



venerdì 7 marzo 2014

Il cibo a Palermo (spot)

"Stigghiolificio"

Ho ceduto alla tentazione di avvicinarmi ad una bancarella di produttori di “Stigghiòle”. So che un turista a dieta non dovrebbe farlo, ma si trattava di documentarsi.
Come tradizione il fumo che si sprigionava dallo ‘Stigghiolificio’ aveva già attirato numerosi avventori.
Fatte alcune foto e abbozzati i primi contatti, come è tradizione in Sicilia, non ricordo come ma mi sono trovato tra le mani e in breve rapida successione: Quattro bocconi di Stigghiòle e otto di “Caldume”.
Ringraziando della cortesia e quindi instaurati i primi approcci e le prime conoscenze, mi sono trovato in difficoltà  con le mani occupate dai successivi “provasse pure chistu’ e la bocca piena.

Devo giustamente spiegare che le “Stigghiole” sono le budella delle pecore o anche di vitello, il caldume è composto da tutto il resto della pecora ad esclusione della carne e del fegato, quindi tutte le parti povere, dalle interiora sino a mammelle e/o  testicoli e altro che non hanno voluto dirmi, il tutto viene bollito con verdure e aromi. Il risultato è davvero eccellente e testimonio, secondo i miei gusti, che le ‘Stigghiòle’ sono buone ma  “il caldume” é davvero eccezionale da provare assolutamente. Non so quali parti mi abbiano omaggiato, credo tutte, non ho insistito nel chiederne nome o caratteristiche e credo sia stato meglio. 
Insomma ho ‘assaggiato’ due nuove specialità di cibo da strada palermitani, ma in realtà raramente faccio delle cene così abbondanti:  quì li chiamano ‘stuzzichelli’.
In fondo a corso Umberto I, alla fine di Foro Italico. Palermo, Sicilia, Italia

martedì 4 marzo 2014

Il cibo a Palermo (Parte seconda)

I luoghi in cui normalmente cerco di sostare con il mio camper, li scelgo privilegiando il panorama e la tranquillità: insomma gli stessi preferiti dalle coppiette di innamorati.
E’ frequente che si rifugino vicino al camper, lo considerano una protezione in più da occhi indiscreti, però, proprio di fronte al mio punto panoramico, come è successo qualche giorno fa, non era mai successo (di solito uso la precauzione di accendere una luce per evitare queste situazioni, ma me ne sono scordato).  
La vettura parcheggia e io, imbarazzato, cerco di girare lo sguardo altrove, mi sono di fronte, non si sono accorti della mia presenza, accendono la luce interna, accendono della musica dolce e iniziano con degli strani rovistamenti. Estraggono un vasetto, un tubetto e due panini, completano il companatico e iniziano a mangiare: bene ho del tempo per trovare una soluzione anche se mi pare strano che “prima” si mangi.
Tengo pronti gli oscuranti da applicare, non c’è fretta, nel frattempo ammiro gli ultimi fantastici bagliori del tramonto che sfumano sul mare.
Hanno finito di gustarsi i panini, mi muovo per chiudere, ma sento che accendono la vettura, spengono la luce e se ne vanno.

Non dico di ricordare perfettamente bene cosa facevamo noi ai nostri tempi, ma mi pare che fossero altre cose: Torno in me e prendo coscienza d’essere a Palermo.

domenica 2 marzo 2014

Preghiera a Santa Caterina

Scorcio di Santa Caterina

La chiesa di Santa Caterina, a pochi passi dall’incrocio dei Quattro Canti, è una delle più belle chiese della Sicilia. Fa parte del complesso di un convento di suore di clausura.
In alto finissime grate occludono la vista alle aree di preghiera da cui si affacciano le suore,  tutto il resto è un trionfo di marmi policromi da ornamento, in bassorilievo e non so come descriverli. Semplicemente spettacolari.

Mi trovavo presso l’altare di San Domenico assorto a pregare il mio Ipad di non mollarmi proprio mentre mi stò documentando, quando odo
Dettaglio con bassorilievi e marmi policromi
un forte tramestio ed un vociare che si avvicina.
Dapprima non comprendo bene le parole poi …:
"Santuzzo miobbello
Santuzzo miu caro
Tu si lu santu miu preferito
I vengu sempre attia a prigari
Attia I vogliu chiubbene a tutti l’altri (???)
Sapitte che ve potto pure tutte l’amiche mia (a beh allora!..)
A tutte ce dico che vuie site lu chiu bravu santu che ce stà
Tu sa ch’iu non vengu mai a disturbatte pe nulla
Altare con quarzi e angeli laminati argento
Ma stavotta mi duvit’aiutari (eh si! Il Santo deve …)
Stavotta so che m ‘aiutate,
Pecche so che ce piace ch’io venga a trovatte
Pecche so che ce piace che vegghino pure le mi amiche.
(mi pare ovvio che altrimenti non vedrà più ne lei ne le sue amiche)
Vu site lu Santuzzo miobbello
Vu site lu Santuzzo mio caro
Vu site lu santu miu preferito
Iu te vangu sempre a prigari".
…. Continua bifonchiando le tre  Ave Maria e se ne va ….
Scruto il volto del Santo, ma é una statua del milledue, quelle che hanno l’aria un pò inebetita ma mi pare comunque perplesso. Quando poi mi sono recato alla chiesa vicina, quì c’erano tutte le statue delle virtù del Serpotta che, informate della preghiera, stavano ancora ghignando.

Staue a stucco del Serpotta



venerdì 21 febbraio 2014

Il cibo a Palermo (parte prima)


I Dietologi consigliano  poco cibo e ben mirato. I filosofi, da sempre,  consigliano di “mangiare poco”. Uno di loro, un certo Demòcene (mi pare), arrivato alla veneranda età di 96 anni, ebbe un ascesso ai denti e il suo medico gli consigliò due giorni di digiuno. Alla fine, superato il problema, al medico che gli permise di riprendere il cibo rispose: “ah no! Mi sono trovato talmente bene a digiunare che non riprenderò mai più”. I discepoli raccontano che mori poco dopo, ma felice perché stava davvero bene.

Inizio la mia giornata con una semplice sorsata di succo di frutta e mi avvio a visitare Palermo.
Partenza piazza Magione: Bellissima ampia piazza circondata da deliziosi locali per giovani. Stanno erogando cioccolate calde, cornetti alla crema di vaniglia e cannoli di ricotta fatti al momento e quest’aggressione di profumi mi tramortisce. Fuggo verso via Vetriera, quella ove è nato Borsellino e sento svanire gli odori, imbocco via Alloro verso la Kalsa e sento i primi soffritti gorgheggiare come soprani, spicca il profumo di aglio rosa, cipolla e porro fresco. Sono le otto e trenta.
Scendendo alla Kalsa, quella dei ristorantini e cibi a metro (ogni due metri una bancarella), siamo già alle vongole fresche, gamberoni e seppie.
M'immergo tra i vicoli per sfociare, finalmente, a piazza Marina. Ampia piazza arieggiata, ove il profumo dei fiori del parco esaltano la bellezza dei palazzi che si affacciano guardinghi verso la Caletta e la Vucciria.

Alla Caletta, il profumo di mare e del pescato delle barche dei pescatori, fanno da contorno al più rinomato dei locali produttori di “Pani cà Meusa” il panino da strada principe di Palermo: Stò parlando, nientemeno, che del “Porta Carbone”.
Entro in Vucciria, sono le dieci, la panetteria sta terminando  la seconda delle cinque sfornate quotidiane di pane caldo, svuota i primi contenitori proprio di fronte a me …..
Arrivo a piazza Garraffa, cuore della Vucciria, mentre immergono” le Frittole”, che non sono frittelle ma fritto di frattaglie, mentre crocchette e panelle fanno bella mostra di se sui banchetti dell’osteria.
Risalgo verso San Domenico divincolandomi tra le bancarelle del mercato, tra finocchi freschissimi che esalano profumo di anice che si confonde con il profumo delle succulente arance di Ribera.
In piazza San Domenico, inizio del quartiere degli orafi, solo profumo di danaro.
Tavolini in mezzo alle viuzze vicino a Teatro Massimo
Prendo la via del mercato del Capo, mercato specializzato in prevalenza nell’ abbigliamento e, siamo a mezzogiorno, arrivo alla bellissima mole della chiesa dell’Olivella e omonima piazza. Da quì iniziano le due deliziose viuzze che portano al Teatro Massimo, costellate di ristorantini. Ognuno di loro ha il Maitre che accoglie e offre il menù del giorno, lo elencano, indicano i buffet dei cento tramezzini …. (deglutire) e offre il tutto per dodici quindici euro tutto compreso.
Sono le tredici e poco più, passeggio in piazza del teatro Massimo: “Le strade son deserte, deserte e silenziose, un’unica carrozza cigolando se ne va’”, è ora di pranzo e  la città é ferma. Si passeggia meravigliosamente, i palazzi si specchiano sui tavelloni lucidi della strada, solo rumore di stoviglie e qualche smorzato chiacchiericcio. Il rumore dei miei passi risuona tra le viuzze dell’antica Kasba, una brezza leggera mi riporta la frescura del mare poco lontano.
Improvvisamente la quarta sfornata del panificio del quartierino mi riporta alla realtà.
Arrivo a Piazza Indipendenza.
Stigghiòle lungo la via
Pasticcerie e gelaterie sono in fermento per lo spuntino pomeridiano che inizia intorno alle quattro, dopo la pennichella e finisce verso le sette e trenta, con la chiusura dei negozi.
Ma eccolo, là in fondo, sotto Palazzo dei Normanni , è arrivato. Ha accesso la legna del braciere/barbecue, il fumo si alza insieme al profumo intenso e la gente si avvicina. E’ “quello delle stigghiòle”: si tratta di uno spiedino di frattaglie di pecora (a volte anche vitello) la sua cottura attira i consumatori da chilometri di distanza, penso sia per il segnale di fumo, ma anche per il profumo che si sprigiona ancora prima che la mercanzia sia sulla brace (non ho ancora scoperto il perché).
Durante queste ore il via vai tra pasticcerie, gelaterie (anche in pieno inverno), panetterie e bancarelle di cibi da strada è incessante.
Ho visto fare spuntini ingerendo patate lesse intinte solamente nel fine sale di Trapani, altri che spezzandone il guscio a dentate si rimpinzano di mandorle crude, ecc… e dico eccetera.
La pausa delle sette e trenta sino alle nove abbondati,  credo sia destinata al ruttino, perché tutto ricomincia verso quell’ora, si riempiono nuovamente ristoranti, osterie e angoli di strada ‘bancarellamuniti’.

Non so dire, ancora, quando finisca tutto ciò, non ho ancora fatto così tardi.
Serata alla Caletta: e il nutrimento continua


giovedì 13 febbraio 2014

E' femmina

Mondello: piazza con la sirenetta e il cocker sullo sfondo
La chiameremo Wanda.
Opposte alla piazzetta della sirenetta di Mondello ci sono delle collinette tra cui i Monti Ercta e Pellegrino (quello della basilica di Santa Rosalia) che formano, da questo punto di osservazione, l’ inconfondibile sagoma di un cane.
 Alcuni la chiamano il ‘Setter colli’, altri sostengono si tratti di un Cocker.

Comunque sia c’è concordia sul sesso: grosso sedere, gamba corta, musetto accigliato e triste che dimostra una chiara situazione di preciclo: E’ femmina!

martedì 11 febbraio 2014

Terrore a Palermo


Ficus Macrophillae di piazza Marina

E’ una tepida sera d’inverno e sto passeggiando, assorto nei miei pensieri,  a Piazza Marina di Palermo. Mi sovrasta la mole maestosa di palazzo Chiaramonte ove ci celebravano i processi della Santa Inquisizione: pare di udire ancora le urla dei torturati, le imprecazione dei carcerati condannati a morte e i pianti disperati delle mogli e dei figli delle vittime predestinate.

Davanti al palazzo una lapide ricorda il punto esatto ove venne uccise a mitragliate l’investigatore americano Joe Petrosino, venuto ad indagare sulle radici della mafia che tanto si arricchiva con il proibizionismo.

A fianco il centenario “Ficus Macrophillae” con le sue radici che si dipanano sopra e sotto il suolo come tanti Boa Constrictor, dall’alto dei suoi immensi rami pendono i fasci di radici che si protendono al suolo minacciosi e sinistri: tutti dicono che nessuno abbia il coraggio di passare la notte sotto le sue fronde.
Improvvisamente un urlo, un lacerante urlo di donna, alzo gli occhi e la vedo:  totalmente scomposta si sta,  stizzita, riavviando per il suo cammino. Vedo a terra, lungo il muricciolo un topolino terrorizzato che mi corre incontro.
Niente, non è successo niente