martedì 21 giugno 2011

Ramblas


Domani avrò una visita di controllo: ho i nervi a fior di pelle!
Innanzitutto la visita è molto fastidiosa e c’è ovviamente la possibilità che si trovi ancora qualcosa.
Dico ancora, perché ho subito sette interventi in quattro anni, e le probabilità sono alte.
La prima cosa che comunque m’irrita è il fatto d’essere preoccupato. In tutti gli interventi non ho mai sentito dolore, ho sempre trovato modo di divertirmi guardando i lati positivi della situazione ed ho sempre avuto tante cose da raccontare ad amici e parenti. Potrebbe anche essere che vada tutto bene, dall’inizio della malattia non ho mai superato i sei mesi senza un intervento, ora sono già arrivato a un anno: è positivo.
Mi rendo conto che la mia nuova vita, in pratica sempre in ferie, mi ha tolto quel lustro per cui: se tutto va bene siamo rovinati, mi dava stimolo a vivere la vita in allegria.
Ricordo il primo intervento. C’era un camerata (nel senso che dormiva nella stessa camera a quattro posti) che mi raccontò di essere caduto da una semplice scaletta a pioli, di aver rotto due vertebre e quattro denti, e dovette mangiare omogeneizzati per quasi un mese.
Alla fine del racconto arrivò un’infermiera per l’iniezione e questi la apostrofò: “Sa che sono caduto da una scala a pioli e mi sono rotto due vertebre e quattro denti, ….”
Il giorno dopo, appena operato, arrivarono i medici, e, al loro ingresso, il camerata li apostrofò: “Sapete che sono caduto da una scala a pioli e mi sono rotto tre vertebre…”. Arrivò l’infermiera del primo turno e questi disse: “Sai che sono caduto da una scala…” Poi arrivò l’infermiera del secondo turno: Sai che…, poi la signora delle pulizie, quindi il nuovo paziente operato, poi tre parenti dell’altro camerata, poi mia moglie, poi mia figlia, poi mio figlio. Potrei raccontare parola per parola tutta la storia.

Al secondo intervento mi ricoverarono in una camera a due letti. Significa quasi lusso. Con me era ricoverato un “Don” nel senso di Prete. Così come amo scrivere, molto di più amo parlare e adoro quelli che ascoltano senza interrompere, ma una bella discussione con un prete la aspettavo da anni. Dico: Come va? Come va? Mi risponde, all’inglese. Ha già fatto l’intervento? Chiedo, e mi dice: Bella giornata, vero! Non mi dilungo, era quasi totalmente sordo, urlare per capirsi.
Fu il ricovero più monotono e barboso della storia, per la prima, e ultima volta, desiderai di tornare a casa.
Al terzo ricovedro, ormai afecionado,
oganizzai il concorso: “Borsetta Alba Chiara”.
Quasi tutti gli operati facevano la ‘Rambla’ di urologia (avanti e indietro nel lungo corridoio del reparto) con la borsetta, (quella del catetere): molto rossa significa appena operato o a lunga degenza; poco rossa in via di guarigione.
Premiavamo quelli con borsa rosso scuro ma sorrisino di circostanza e quelli con borsa chiara ma faccia nervosa. Il primo era il premio “Ottimista dei reparto” il secondo era il premio “ti tocca tornare a imbiancare”.
Beh insomma mi sono sempre divertito però perché diavolo sono nervoso, cosa vuoi che succeda, al massimo passeggerò alla rambla di urologia.
Un bicchiere di rosso a tutti!

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