sabato 21 maggio 2011

Ciucche e Bocce

Dedicato al nipotino.
Tornando dalla camminata chiamata ‘Dei Lavatoi’, e non avendone visitato nessuno, vista l’ora, decisi di visitare quello di Comabbio. Non amo granché visitare luoghi che sono considerati storici, e che ricordo esser stati parte della mia vita, mi fa sentire un po’ vecchio. Ho una mezz’ora di tempo e poco convinto mi avvio. Trovo un luogo davvero carino, ma non si tratta solo di un lavatoio, è un’area a parco. C’é un bar, un piccolo parco per bambini e due parcheggi per auto. C’è una vasta radura collinare ben rasata, dove credo si possa lanciare un nipotino di quasi un anno, che certamente si divertirà da matti nel cadere e rotolare sino al fondo della discesa. C’è un piccolo laghetto con Anatre, Germani Reali, un canneto, e dei cespugli fioriti profumatissimi e, in fondo, “Il Lavatoio” con una piccola area umida, canneto e ranocchi. Visitando il tutto scendo sino al lavatoio, e qui vedo che l’acqua è totalmente coperta di una specie di muggine verde, che conosco molto bene.  Sono tantissimi anni che non vedo quella muggine di cui mio padre amava tanto ricoprirsi, ma andiamo con ordine.
Anno sesto della mia vita, quella sera mio padre inforca la bici e sta per partire, mia madre lo ferma, e gli dice, no! Non andare dall’Osto (all’Osteria) in bici, che poi bevi e torni ubriaco e la potresti rompere e domani mi serve per andare da mia sorella. Mio padre:Tasi Ostia! No a rompo no, sta sera no beo(dire che non avrebbe bevuto era una battuta che ripeteva spesso)! Mia madre forse sentiva che doveva succedere qualcosa, ma era talmente presa di cose da fare, che cedette.
Devi sapere Ale che mio padre che poi è il tuo bisnonno. Non è che fosse tanto più bevitore degli altri, ma anche in quello un po’ era il migliore, come era il migliore nel gioco delle bocce, nel macellare i maiali e nel fare i salami. Questa volta parliamo della prima e della seconda specialità.
A quel tempo in paese c’erano due campi di bocce, no televisione o radio, no internet, no discoteche, insomma c’erano le bocce e poco altro per passare le serate. I soldi erano pochi e, fatto il primo giro di vino, in seguito, chi perdeva pagava, e chi vinceva beveva, e il tuo bisnonno vinceva sempre.
Dopo il primo turno di gare, il perdente in genere tornava a casa sano, mesto e veloce. Il vincente, ubriaco, partiva lento e a volte restava, o bloccato vicino ad un platano, sai quelli che costeggiano tutte le vie della padania, o addirittura cadeva nei fossati di irrigazione, quelli appunto che in primavera si coprivano di quella muggine verde del lavatoio.
Solo al completamento del secondo giro di bocce, il perdente successivo, senza soldi ma sano, per prassi controllava platani e fossi, e, se era il caso informava, chi di dovere, di provvedere.
Sentimmo quindi: Nea (mia madre Elena con elle di troppo e nome troppo complicato)! Jeno (Eugenio, mio padre, troppe vocali da pronunciare insieme) xe in tel foso. Mani nei capelli di mia madre, urlo straziante con chiamata per la raccolta del corpo: dapprima non capivo la disperazione, poiché era prassi ma, quella sera in più c’era la bici, ecco qual era il problema.
Arrivò la prima carriola (quella che si usava per trasportare il letame: pianale lungo e sponda sul lato ruota, insomma tipo sofà) con sopra la bici e, nelle tasche posteriori, trovammo due tinche e un’anguilla che, il giorno dopo, venerdì di magro, mangiammo; dietro la seconda carriola col genitore ben sistemato sull’improvvisato sofà.
Mio padre intontito e coperto di muggine verde (si quella del lavatoio) aveva ancora, sul petto, una ranocchia, da non credere. Forse era rimasto a lungo nel fosso, e questa poteva essere rimasta intontita dai vapori di Clinton, era, infatti, a pochi centimetri dalla sua bocca. Io mi avvicinai, vidi la coppia, e memore delle favole che ci raccontava la nonna nella stalla, vagheggiavo: Se la ranocchia lo bacia, lui diventa un principe e lei una principessa, no! La mamma non sarebbe contenta; Lui diventa una principessa e la ranocchia un principe, non quadra, non saprei dove collocare la mamma; Lui diventa una ranocchia e la rana un principe, si la mamma sarebbe contenta, un principe può comprare un sacco di fagioli per nutrirci. Stavo valutando la cosa, quando sentii: Ocio! Arrivò la secchiata d’acqua, la rana scappò, e mi sembrò avesse strizzato l’occhio tipo ‘ci rivediamo’; mio padre vagamente ripulito dalla muggine cominciò a riprendersi, e io rimasi con la favola in sospeso.
Attesi per molto tempo che lo riportassero sulla carriola con la rana sul petto, ma non avvenne più, (che ci fosse la rana intendo).
Cin Cin

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